L’elogio della lentezza: Città Slow, un rimedio alla Crescita infelice.

Il fenomeno della globalizzazione, che pure costituisce una occasione grande di scambio e di diffusione, tende ad appiattire le differenze e a nascondere le caratteristiche peculiari delle singole realtà, proponendo modelli mediani che non appartengono a nessuno e generano, inevitabilmente, mediocrità.
Si va diffondendo però una domanda diversa di nuove soluzioni che vanno nella direzione della ricerca e della diffusione dell’eccellenza, senza farne necessariamente un fenomeno di élite, ma proponendolo come fatto culturale e in quanto tale universale.

Di qui il successo e la notevole diffusione anche a livello internazionale di Slow Food che si è rivolta alla ricerca sulla qualità della vita a partire dal gusto.

I sindaci di alcune città si sono associati tra loro e con Slow Food per realizzare il grande progetto comune di Cittaslow che, dall’ottobre 1999, si è allargato a circa cento città e dieci paesi nel mondo, collegando amministratori, cittadini e Soci di Slow Food puntando l’attenzione dalla buona tavola, alla qualità dell’accoglienza, dei servizi, dell’ambiente e dell’abitato in cui i cittadini fruiscono in modo facile, semplice e godibile della propria città.

Partecipare al Movimento delle Cittaslow implica per gli amministratori l’impegno a rispettare nel tempo i requisiti di qualificazione che interessano la politica ambientale, la politica infrastrutturale, le tecnologie per la qualità urbana, la valorizzazione delle produzioni locali e l’ospitalità.

In breve le Città Slow sono quelle nelle quali:

¨   si attua una politica ambientale tendente a mantenere e sviluppare le caratteristiche del territorio e del tessuto urbano, valorizzando in primo luogo le tecniche del recupero e del riuso;

¨   si attua una politica delle infrastrutture che sia funzionale alla valorizzazione del territorio, e non alla sua occupazione;

¨   si promuove un uso delle tecnologie orientato a migliorare la qualità dell’ambiente e del tessuto urbano;

¨   si incentivano la produzione e l’uso di prodotti alimentari ottenuti con tecniche naturali e compatibili con l’ambiente, con l’esclusione dei prodotti transgenici, provvedendo, ove sia necessario, alla istituzione di presidi per la salvaguardia e lo sviluppo delle produzioni tipiche in difficoltà;

¨   si salvaguardano le produzioni autoctone che hanno radici nella cultura e nelle tradizioni e che contribuiscano alla tipizzazione del territorio, mantenendone i luoghi e i modi, promuovendo occasioni e spazi privilegiati per il contatto diretto tra consumatori e produttori di qualità;

¨   si promuove la qualità della ospitalità come momento di reale collegamento con la comunità e con le sue specificità, rimuovendo gli ostacoli fisici e culturali che possono pregiudicare l’utilizzazione piena e diffusa delle risorse della città;

¨   si promuove tra tutti i cittadini, e non solo tra gli operatori, la consapevolezza di vivere in una Città Slow, con una particolare attenzione al mondo dei giovani e della scuola, attraverso l’introduzione sistematica della educazione al gusto.

Insomma la Cittaslow è animata da individui “curiosi del tempo ritrovato”, dove l’uomo è ancora protagonista del lento, benefico succedersi delle stagioni, in cui allo sviluppo frenetico, alle ferite profonde inferte dalla speculazione di pochi si contrappone il rispetto della salute dei cittadini, della genuinità dei prodotti e della buona cucina, le tradizioni artigiane, le preziose opere d’arte, le piazze, i teatri, le botteghe, i caffè, i ristoranti, i luoghi dello spirito, i paesaggi incontaminati, la spontaneità dei riti religiosi, il rispetto delle tradizioni, la gioia di un lento e quieto vivere.

Ai cittadini la scelta del proprio futuro e di quello che vorranno lasciare in eredità alle generazioni che verranno.

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